In questa serie sulla terapia manuale, andremo ad osservare gli effetti delle manipolazioni grazie al supporto della letteratura scientifica disponibile su PubMed.

L’approfondimento che stai per leggere, si concentrerà intorno ai risultati ottenuti grazie allo studio condotto dai ricercatori C. Sparks, J. Cleland, J. Elliott, M. Zagardo e W. Liu nel 2013.
Inoltre, da questa pagina, puoi scaricare l’unica versione in lingua italiana del report di ricerca completo.

Clicca il pulsante “download”, per ottenere gratuitamente lo studio nella sua interezza!

Manipolazioni lombari o toraciche?

Nello scorso appuntamento, abbiamo definito sinteticamente il significato del termine “manipolazione” nell’ambito della Fisioterapia e dell’Osteopatia.
Come abbiamo visto infatti, questo movimento passivo o “guidato”, viene localizzato e strutturato a seconda della zona che intendiamo trattare e sulla base del risultato che vogliamo ottenere.

Anche se siamo solo agli inizi della nostra panoramica sul mondo delle terapie manuali, avrai già intuito la differenza sostanziale tra le diverse tipologie di manipolazione vertebrale…

La definizione “vertebrale”, sta ad indicare che la macro area d’interesse è la zona della colonna vertebrale (e già andiamo a sfiorare lo scenario vastissimo degli effetti immediati sul sistema nervoso). Nell’ultimo articolo, abbiamo parlato di lombalgia e di conseguenza ci siamo approcciati nello specifico, alle manipolazioni lombari.

Oggi, ci muoviamo verso un punto completamente opposto, rispetto a quello dello scorso appuntamento.
Andremo infatti ad osservare le conseguenze di una manipolazione toracica sul flusso sanguigno dell’encefalo e nell’attivazione sopraspinale (niente paura, più avanti ti spiego cos’è!).

Lo studio di questi meccanismi, rappresenta una fonte preziosa d’informazioni preliminari che potrebbero stare alla base delle reazioni che determinano i numerosi benefici terapeutici delle terapie manuali e nello specifico della loro immediata funzione analgesica (“analgesico” o “antidolorifico”: che attenua il dolore).

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Come funziona il dolore?

Il meccanismo del dolore è, a mio avviso, uno degli oggetti di studio più affascinanti della medicina.
Naturalmente, non andremo ad analizzare la fisiologia del dolore nella sua interezza, essendo un campo molto vasto e non direttamente appartenente alle aree tematiche di questo blog.
Ma si tratta comunque di una componente chiave nello studio dei meccanismi d’azione delle terapie manuali.

È per questo che nello studio che puoi scaricare da questa stessa pagina, si è cercato di delineare il percorso che le informazioni contenute negli stimoli dolorosi svolgono all’interno delle numerose strutture del encefalo umano.

Le strutture cerebrali che si sono attivate in risposta agli stimoli dolorosi che i ricercatori applicavano sui soggetti durante la sperimentazione, sono 6 e nel loro insieme sono state denominate “matrice del dolore”.

La matrice del dolore è composta da strutture corticali (cortecce somatosensoriali, dall’insula, dalla corteccia cingolata anteriore, dalle aree motorie e premotorie supplementari) e strutture sub-corticali (talami, amigdala) strettamente associate alla percezione del dolore.
Grazie all’utilizzo di un particolare tipo di risonanza magnetica, studiata per evidenziare i movimenti dei flussi sanguigni, si è potuto confermare come queste zone appena elencate vanno ad attivarsi in risposta agli stimoli dolorosi.

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Ma non stavamo parlando di manipolazioni?

Effettivamente, le definizioni (volutamente non approfondite) del paragrafo precedente, potrebbero farti pensare che ho deciso di cambiare professione. Ma in verità, proprio in base ad uno dei principi cardine dell’Osteopatia, il nostro corpo è un unico sistema completamente interconnesso, una comprensione base della matrice del dolore prende una forte rilevanza nello studio degli effetti delle manipolazioni.

Le considerazioni che potrebbero essere fatte osservando lo studio nel documento allegato, sono numerosissime. Ma ho deciso di soffermarmi solo su quelle evidenze iniziali che possono spiegare come un Thrust, può immediatamente alleviare il dolore in una data condizione fisica.

Si è teorizzato da alcuni studi collaterali a questo disponibile oggi, che le aree facenti parte della matrice del dolore, siano in grado di attuare un meccanismo di valutazione delle informazioni ricevute per poi assegnare un grado di pericolosità dello stimolo e di conseguenza generare una risposta dolorifica proporzionata.
Ma questa, è tutta un’altra storia… [Neuroscienze]

La sperimentazione del 2013.

Nell’articolo che aveva come oggetto la lombalgia, abbiamo visto come un input dato dalla manipolazione vertebrale, fosse in grado di migliorare all’istante l’arco di movimento di una determinata struttura muscolare, in soggetti affetti da dolore costante e che quindi presentavano un irrigidimento persistente delle aree interessate dal dolore (leggi l’articolo sulla lombalgia qui).

Questa volta invece, i soggetti della sperimentazione sono completamente sani.
Lo stimolo doloroso che questi provano, viene indotto artificialmente dai ricercatori tramite strumenti di misurazione appositi che vanno a pungere la pelle nei pressi delle unghie (niente paura, in laboratorio tutto avviene entro i normali parametri di sopportazione individuale, vietato ed impossibile esagerare!).

Grazie poi ad una sofisticata tecnica di scannerizzazione con risonanza magnetica, i ricercatori sono riusciti a tracciare gli spostamenti del flusso sanguigno nelle varie aree del cervello che vanno a comporre la matrice del dolore, a cui abbiamo fatto cenno poco fa.

Attivazione sopraspinale: prima e dopo.

L’aspetto più illuminante della ricerca di cui stiamo parlando oggi (scarica e consulta la versione integrale, in lingua italiana), è la differenza di attivazione della matrice del dolore (area di riferimento quando,in questo contesto, parliamo di “attivazione sopraspinale”) prima e dopo che i soggetti sono stati sottoposti ad un Thrust toracico.

La diminuzione del dolore è provata da una ridotta attivazione delle aree dell’encefalo che reagivano agli stimoli dolorosi prima del Thrust.

Il ruolo chiave del Thrust toracico.

Nella quotidianità della mia professione, il Thrust toracico è una delle manovre più comuni e frequenti, siccome la zona interessata è uno dei “fulcri dolorifici” delle patologie più diffuse.

Sto parlando del Rachide Dorsale, vera e propria “colonna portante” delle parti superiori del nostro corpo. Il Rachide è incaricato di sostenere capo e tronco, oltre a connettere numerose altre strutture tra loro.
Una struttura molto complessa perciò, che finisce spesso per essere al centro del dolore che può colpire la nostra schiena. Quando il dolore origina dal Rachide Dorsale, abbiamo a che fare con una Dorsalgia.

La Dorsalgia viene spesso trascurata, pur essendo decisamente frequente anche in pazienti giovani. Questo succede perché la percezione del dolore a livello dorsale, risulta spesso non eccessiva e quasi mai è in grado d’impedire i movimenti del paziente.

Parte ossea del Rachide Dorsale


Purtroppo però, essendo il Rachide una struttura che a sua volta connette molte altre strutture (ossee, nervose, legamentose, sanguigne) il dolore risultante dalla Dorsalgia finisce spesso per irradiarsi.

Questo irradiamento, può raggiungere le spalle, le braccia, il collo e nella grande maggioranza dei casi può portare il paziente a confondere una Dorsalgia con una Lombalgia, dato che effettivamente il dolore è percettibile anche fino alle aree lombari.
Ad esempio, con lo stesso principio di irradiazione del dolore è possibile percepire un dolore di origine cervicale anche nelle aree dorsali.

In questo scenario, anche la Ricerca Scientifica conferma come una terapia basata sul Thust toracico può essere immediatamente risolutiva per trovare sollievo dal dolore e nel tempo, può condurre ad una risoluzione.

Non finisce qui…

Questo secondo approfondimento, rappresenta un nuovo punto sul tracciato di un percorso di scoperta sugli effetti che le tecniche di manipolazione e mobilizzazione sono in grado di generare sul nostro corpo a tutti i livelli.
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Il report di ricerca allegato è stato tradotto ed impaginato privatamente e su mia richiesta da
Jedha Media (andreafelicella@jedhamedia.com).
I diritti sul documento originale appartengono ai rispettivi proprietari:
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Autore

Lorenzo Sportolari

Dottore in Fisioterapia

Sono Responsabile del Reparto di Fisioterapia presso il CTF Medical di Assisi (PG) e faccio parte dello staff medico della Federazione Pugilistica Italiana. Sono Iscritto al corso di Osteopatia presso l’Istituto Superiore ISO di Milano ed opero come Fisioterapista e Formatore Abilitato Wintecare in Tecar Terapia per la cura, la riabilitazione e la performance sportiva.

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